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Gli antichi mestieri tramandati dalle Eccellenze Artigiane nel territorio piemontese

ultimo aggiornamento: 05/07/2009

i Gioielli

La presenza di artefici di vaglia che hanno lasciato nel territorio piemontese opere preziose di assoluto rilievo ha nel tempo connotato il profilo dell’artigianato orafo e argentiero di questa regione.Già alla fine del XVI secolo i sovrani sabaudi hanno accolto l’esigenza, sentita anche dagli stessi orafi, di un sistema di marchiatura dei manufatti preziosi che certificasse la bontà del lavoro e riconoscesse ufficialmente questa attività, per giungere all’emanazione, nel 1678 da parte della reggente Maria Giovanna Battista, di una moderna legislazione che, ponendo il Regno Sabaudo all’avanguardia in Italia in tale campo, aveva il compito di sostenere questa attività. Compito svolto assai bene visto che la corporazione degli orafi e degli argentieri divenne uno dei motori trainanti dell’artigianato artistico del regno: infatti i manufatti preziosi piemontesi dei secoli XVII e XVIII sono tra le espressioni più originali e vivaci di quel momento stilistico, durato alcuni decenni, che comprende il tardo barocco o “barocchetto piemontese” ed il primo rococò e che vedrà artisti delle varie arti chiamati alla corte di Torino e/o ivi formatisi e circolanti in varie corti europee. Ancora nel XIX secolo, conclusa l’unificazione del paese e trasferita la capitale a Firenze, gli orafi piemontesi, che grazie alle riforme cavouriane si erano nei decenni precedenti trasformati in abili imprenditori commutando l’antica e ormai desueta struttura produttiva della bottega rinascimentale in moderna ed efficiente manifattura di prodotti di lusso, seguiranno i sovrani, la corte e l’alta burocrazia nel capoluogo toscano, aprendo filiali nelle vie centrali della città, proponendo una nuova organizzazione produttiva, sprovincializzando il panorama culturale fiorentino da troppi anni ripiegato sui fasti dei secoli passati. Da questi due esempi storici significativi sembrano emergere due caratteristiche salienti dell’attività orafa piemontese: la prima è la qualità del prodotto (delle tecniche e dei materiali) che la prassi vuole garantita, salvaguardata e valorizzata da norme legislative rigorose, emanate in momenti cruciali dello sviluppo economico e produttivo e che hanno tra gli scopi principali anche quello di proporre regole nuove, nate dal mutare dei tempi: nel nostro caso quindi questi Disciplinari si pongono non come desiderio velleitario di salvaguardia di antico mestiere in estinzione ma come stimolo ed incentivo ad un artigianato orafo artistico che pesa considerevolmente sulla bilancia dell’esportazione della nostra regione. La seconda caratteristica è l’internazionalità del prodotto. Garantito da norme certe, esso è sempre stato stilisticamente e tecnicamente all’avanguardia, facendo di questa contemporaneità un dato costante, riconoscibile e quindi tipico. A questo proposito basti citare l’esempio di Valenza, centro di fama internazionale nella produzione di gioielleria e culla della secolare tradizione orafa piemontese nel suo incessante aggiornamento. Qui infatti, fin dal primo apparire dell’artigianato orafo, la parola tradizione non si riferiva ad una serie immutata ed immutabile di norme tramandate da generazioni di artigiani come invece è avvenuto per altre zone geografiche del nostro paese, ma ad una sapienza poliglotta in costante divenire, che ha trovato e trova tuttora la sua ragione d’essere nella sperimentazione tecnica, nella ricerca stilistica, nel fare tendenza, nel proporre il gioiello alla moda, nel calibrare gli apporti manuali sapientissimi ed antichi con l’avanguardia tecnologica, in definitiva nell’immergersi nella corrente vitale dell’internazionalità. Perciò se lo scopo dei Disciplinari è quello di mantenere intatta una sapienza manuale che è una base imprescindibile del fare orafo e della coscienza del proprio mestiere, certamente essa dovrà servire… a rendere ancora più unici ed inconfondibili nel mondo i prodotti dell’artigianato orafo artistico piemontese.

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