ASTIgiando.it - Langhe, Monferrato e Roero - nel cuore del Piemonte

HOME > SCOPRENDO >

Gli antichi mestieri tramandati dalle Eccellenze Artigiane nel territorio piemontese

ultimo aggiornamento: 05/07/2009

la Ceramica

E’ una di quelle cose che tutti pensiamo di conoscere, ma poi, alla prova dei fatti, scopriamo di non saperne quasi nulla. La ceramica accompagna da secoli, meglio, da millenni, la vita quotidiana dell’uomo.Igienica e resistente, inattaccabile dal calore e dagli acidi, serve egregiamente da vaso, stoviglia, candeliere, pignatta, tazza, oppure, come si dice oggi, complemento d’arredo. Anche gli oggetti liturgici, ampolline, crocifissi, stazioni di Via Crucis possono essere di ceramica. Ma se ci chiedessero di spiegare com’è fatta la tazzina da cui sorbiamo l’espresso, quando si sia sviluppata questa tecnica, che differenza ci sia tra ceramica e porcellana, tra Grès e maiolica, probabilmente non sapremmo da che parte cominciare. Forse è bene procedere con ordine. Ceramica è, da tempo immemorabile, l’arte di plasmare, al tornio o negli stampi, un impasto d’argilla (Kérama in greco) ed altre sostanze con acqua, e ricavarne oggetti disparati, per uso pratico, decorativo, religioso. Una volta foggiato, l’oggetto è fatto essiccare, poi variamente dipinto o verniciato, infine cotto in fornace, anche più volte. Si procede così, senza cambiamenti sostanziali, da dieci-ventimila anni, più o meno su tutta la faccia della Terra, dalla Mesopotamia alla Cina, da Faenza al deserto del Mojave. Nessuno può appropriarsi della ceramica come prodotto esclusivo. Tuttavia, ogni epoca ed ogni luogo hanno espresso nella forma, nella decorazione, nel valore simbolico diquesti oggetti l’impronta tipica di una cultura, di un gusto più o meno raffinato. Tant’è vero che proprio dalle ceramiche di scavo gli archeologi identificano le civiltà. Del resto, il termine “ceramica” accomuna svariate lavorazioni, distinte dalla maggiore o minore temperatura della fornace: terracotta, maiolica, Grès. Sul gradino più alto, la porcellana, per la quale cambia anche la formula della materia prima: caolino, quarzo e feldspato. In passato, se la potevano permettere solo le classi aristocratiche, le manifatture erano legate alle corti e ai loro gusti capricciosi. Meissen in Sassonia, Nymphenburg in Baviera, Capodimonte vicino a Napoli, Sèvres alle porte di Parigi, Vienna - per ricordarne solo alcune. Nei pressi di Torino, Vinovo: alla breve storia della porcellana piemontese abbiamo dedicato qualche pagina. Anche la maiolica in alcune zone diventa d’alto pregio: Faenza, Bassano del Grappa, Deruta e Caltagirone. Il Piemonte non vanta centri così famosi: quando si parla di ceramica dalle nostre parti, s’intendono oggetti utili alle necessità quotidiane, vasellame per la tavola, la cucina, la conservazione degli alimenti, talvolta per decorazioni o immagini devote. Subito corrono alla mente Castellamonte, stufe, stoviglie e pignatte decorate. Oppure i piatti di Mondovì, dipinti a vivaci colori, spesso con il celebre galletto. In realtà, fino al secolo scorso di ceramiche se ne producevano dappertutto, da Ronco Biellese a diverse zone del Monferrato. Nel Cuneese, ad esempio, ogni borgo di fondovalle aveva il suo vasaio: Barge, Boves, Caraglio, Dronero. Era un artigiano stimato, che forniva oggetti per la cucina e per la casa. Fojot per la Bagna Cauda, Douje per il vino e le conserve; stoviglie, ciotole basse per dar da mangiare ai conigli; e quei curiosi oggetti, noti all’ironia femminile come Mariti, vasi di ceramica con lungo manico e sportellino. Le contadine li riempivano di braci ardenti e poi li serravano in grembo, tra le cosce, per riscaldarsi. I consorti, per quanto inadeguati, non potevano protestare. Fra quegli oggetti, v’erano piccoli capolavori d’astuzia, come le fiasche non verniciate. L’acqua di pozzo, mescolata ad aceto, trasudava dalle pareti porose d’argilla, ed evaporando abbassava la temperatura dell’asprigno dissetante. Una formaggiera realizzata a Chiusa Pesio a fine Ottocento nascondeva nella sommità del coperchio un’intercapedine: anche qui si metteva acqua, che evaporava da un buchino e manteneva fresca la toma. In questi oggetti il buon senso era il vero valore aggiunto. All’esecutore non veniva richiesto un particolare talento, nè tanto meno un gusto fine. Raramente il vasaio si dava a plasmare madonne o fontane. Al più un ghirigoro, un accenno di decorazione abbelliva la ciotola o la brocca. La produzione era esigua, mirata esclusivamente alla domanda locale. Ma alcune zone, per la presenza di cave d’argilla, la “terra grassa” e quindi l’abbondanza di materia prima, e per un certo spirito d’intrapresa, riuscirono a produrre su più larga scala, ad esportare la merce in altre regioni ed acquistare così rinomanza diffusa. La più nota è Castellamonte.

  • Tessuti, Arazzi e Ricami