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Il più antico d'Italia, dal 1275, ogni terza domenica del mese di settembre, si tiene questa sfrenata corsa equestre con cavalli montati a pelo, 

ultimo aggiornamento: 18/12/2009

Palio di Asti


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Quando: 17/09/2010 -  , 14.15.00
Dove: Asti, P.za Alfieri
www.palio.asti.it
Sfrenata corsa equestre a pelo istituita nel 1275.
«Signor Capitano, vi do licenza di correre il Palio nell'anno del Signore... Andate, e che San Secondo vi assista!»
Benedizione dei cavalli e dei fantini
dove: presso le parrocchie dei borghi
quando: ore 10.00
Esibizione degli sbandieratori dell'A.S.T.A.
dove: P.za San Secondo
quando: ore 11.00
Iscrizione ufficiale di fantini e cavalli
dove: Municipio, P.za San Secondo
quando: ore 12.00
Corteo Storico
dove: partenza da P.za Cattedrale
quando: ore 14.15
Prima della gara, il corteo storico (percorso) con 1200 figuranti in costumi medioevali rappresenta i momenti più importanti dell’epoca (temi 2008). Il corteo si apre con il gruppo a cavallo del Capitano del Palio e dei magistrati: al Capitano spetta la supervisione della manifestazione, con il potere di infliggere squalifiche in caso di comportamenti irregolari da parte dei fantini durante lo svolgimento della corsa; immediatamente dopo, sfilano i vincitori dell'ultima edizione del Palio, seguiti dagli altri partecipanti. Al termine del corteo è posto il Carroccio, antico simbolo dei Liberi Comuni, che reca con sé il Sendallo raffigurante San Secondo a cavallo e le insegne del Comune di Asti. A partire dalle ore 16, in Piazza Alfieri i Fantini di 14 rioni della città e 7 comuni della Provincia si contendono il Palio, ogni anno diverso e firmato da Artisti di fama. In epoca medievale, la corsa del Palio non prevedeva che due premi: il Palio, drappo di velluto o stoffa preziosa per il primo arrivato, ed un gallo vivo per il secondo, come ben documentato dai libri dei conti della tesoreria ducale. Se il primo premio ha un elevatissimo valore venale, il secondo ne è praticamente privo, e ha una funzione soprattutto simbolica e morale. Nel corso del XVI secolo, i Premi subirono una radicale trasformazione, aumentando di numero e cristallizzandosi definitivamente nella loro attuale graduatoria almeno dai primissimi anni del XVII secolo: il primo premio è il Palio o Sendallo, che per tradizione deve essere lungo 16 rasi astigiani; il secondo premio, dal 1929, è una «Borsa con monete d'oro» (nel Palio antico la Borsa era uno scampolo dello stesso velluto impiegato nella confezione del Palio, arricchito da frange e galloni e, mediante un pezzo di passamaneria, veniva appeso allo stendardo del Palio per tutto lo svolgersi della manifestazione; simbolicamente, rappresentava un beffardo «assaggio» del primo premio che il secondo arrivato non aveva saputo conseguire); agli inizi del XVII secolo, come premio per il terzo classificato, fanno la comparsa un paio di «speroni» di ferro, argentati o più spesso dorati, un invito ad utilizzarli in futuro per conseguire risultati migliori; il quarto premio è un «gallo vivo», contenuto e trasportato in una cesta: rappresenta infatti la libertà comunale, la vittoria del bene sul male, l'ardimento e la riscossa dell'anima sul peccato; il quinto premio è una «coccarda» con i colori della città: bianco e rosso; all'ultimo arrivato spetta «l'inchioda» o acciuga salata: deriva dal dialetto astigiano trecentesco anzoa, ed in seguito anchoa, è data in premio in segno di scherno e di disonore per lo sconfitto. L'inchioda si accompagnava, e si accompagna come premio all'insalata. Alcune volte comparivano anche le sigolle (cipolle), che, in alcune edizioni del passato, rappresentarono un altro amarissimo premio per il penultimo classificato, ma che di solito erano messe lì ad evocare in modo inequivocabile le lacrime dello sconfitto.

La settimana prima del Palio la città è animata da mille eventi: il Palio degli sbandieratori (giovedi ore 21, in P.za San Secondo), le cene propiziatorie, le sfilate dei bambini, il mercatino dei borghi (da venerdì ore 8 a sabato ore 23, in P.za San Secondo),

SPECIALE PALIO

Temi del corteo storico 2009

L?accuratezza delle rievocazioni storiche verificate da un?apposita commissione di esperti, il pregio dei costumi e la maestria delle sartorie di borgo nel riprodurre fedelmente le fogge degli abiti traendole da affreschi e dipinti d?epoca, fanno del corteo uno spettacolo davvero unico. I quadri viventi che compongono la sfilata rappresentano fatti realmente accaduti della storia astese: si vedranno dunque sfilare nobili e popolani, armigeri e alto clero, dame e cavalieri che per un giorno torneranno ad abitare la città raccontando la vita quotidiana di più di sette secoli

1 - SAN LAZZARO
Colori: giallo e verde
Rettore: Remigio Durizzotto
PRO COLATIONE FACTA IN PALLATIO MAGNIFICI DOMINI POTESTATIS - I festeggiamenti civici nei giorni di S.Giovanni e di S.Stefano
Nel Medioevo le feste di San Giovanni e di Santo Stefano erano ricorrenze importanti e ad Asti, almeno dall?inoltrato XIII secolo, prevedevano anche il rinnovo del Consiglio di Credenza e di quello dei Dodici con l?avvicendamento dei Consiglieri. Tali eventi non erano semplici formalità burocratiche, ma prevedevano una festosa cerimonia pubblica seguita da un costoso rinfresco a spese del Comune. Il rinfresco era particolarmente affollato, infatti il solo Consiglio era composto da 180 membri, ai quali andavano aggiunti i numerosi addetti agli ?Officia? comunali, podestarili e ducali - piace pensare con relative signore - per non meno di 500 invitati. Nel volume dei conti della tesoreria ducale del 1498 è attestato che in quell?anno il Governo rimborsò a Gandolfo Bichi e a Bernardo Forno di Asti la somma complessiva di 32 fiorini spesa ??pro colatione facta in pallatio magnifici domini potestatis? nei giorni di Santo Stefano e di San Giovanni, ?la cui festa è celebrata secondo antica consuetudine da molto tempo praticata?. Nel dettaglio, risultano acquistate 20 libbre (circa 7 Kg) di ?Dragea? (frutta secca candita in forma di confetti), 20 libbre di ?Pignoccate? (pasticcini a base di pinoli) e 1000 ?obiate? cioè le cialde ancora oggi conosciute col nome di ?canestrelli?. Il tutto veniva accompagnato da due ?stara? (circa 100 litri) di vino Moscato, due ?stara? di Stellaria, prezioso vino bianco aromatizzato, e sei pinte di Ippocrasso, vino speziato con funzioni digestive. Il Borgo San Lazzaro intende rievocare il festoso rinfresco pubblico, incorniciato da ?una carrata di frasche ed una somata di fascine? e sottolineare il ruolo centrale del ?cibo? visto come simbolo di potere, momento di aggregazione e festa, riportando alla luce antiche ricette medioevali.
2 ? DON BOSCO
Colori: giallo e blu
Rettore: Maddalena Spessa
DUE BANCHIERI ASTIGIANI SI TRASFERISCONO OLTRALPE PER DIRIGERE LE LORO CASANE
Siamo ai primi giorni di Settembre dell?anno 1307 ed è da poco giunta in Asti l?attesa notizia che il valico del Moncenisio, ancora libero da neve, è agevolmente transitabile. Per tale motivo, approfittando dell?occasione propizia a valicare con facilità quel passo alpino, due magnati di Asti, appartenenti alle nobili famiglie dei Guttuari e degli Isnardi, si accingono a lasciare la loro città per recarsi in Francia, e precisamente alla città di Besançon, nella Franca Contea, per dirigere i banchi di cambio e pegno che posseggono in società in quel capoluogo e nel suo distretto. Essi fanno parte dello stuolo di intraprendenti uomini d?affari astigiani chiamati ?Lombardi? che nelle contrade di Olanda, Fiandre, Brabante e Francia da tempo reggono ed amministrano società finanziarie, le cosidette ?casane?, svolgendo la funzione creditizia, fondamentale per l?economia medievale, che di riflesso procurerà anche alla patria astese ricchezze e potenza. Accompagnano i due illustri personaggi nel difficoltoso e pericoloso viaggio oltralpe due segretari e numerosi servitori, mentre parenti e famigliari li seguono con amore ed apprensione fino ai confini del loro borgo, ad una delle grandi porte che si aprono nelle mura cittadine: qui già li attendono i cavallanti con il carro predisposto per il loro viaggio ed i somieri con i muli sui quali caricare i bagagli contenenti il vestiario, i molti documenti ed il denaro utile al pagamento dell?alloggio, del cibo e dei vari pedaggi per il transito su terre straniere. A quella porta i familiari in lacrime potranno ancora stringerli in un ultimo abbraccio prima della dolorosa e inevitabilmente lunga separazione.
3 ? SAN PAOLO
Colori: rosso e oro
Rettore: Silvano Ghia
ARRIVO AD ASTI DI BEATRICE D?ESTE, CONSORTE DI LUDOVICO IL MORO
Beatrice d?Este, giovane e bella moglie di Ludovico Sforza detto il Moro, signore di Milano e governatore di Asti, si diresse nel 1494 alla volta di questa città per attendervi la venuta del re di Francia Carlo VIII; raggiunta dapprima Pavia, da qui pervenne al villaggio di Annone, a quei tempi possedimento milanese, nel cui castello soggiornò alcuni giorni col marito, col padre Ercole I duca di Ferrara e con un seguito di venti nobildonne. L?11 settembre, proseguendo il viaggio, arrivò ad Asti insieme al corteo di damigelle, che si era disputato l?onore di accompagnarla a rendere omaggio al re francese. Lungo le vie della città si affollarono spettatori entusiasti alla vista di Beatrice e delle sue dame , abbigliate con vesti di seta, broccato e damasco dalle audaci scollature e costellate di pietre preziose; per lungo tempo sarebbe rimasto vivo il ricordo dell?avvenente duchessa che percorreva alla testa del suo gentile corteggio le vie di Asti. Qui, nel cosidetto ?campo di Marte? di allora, ossia nella stessa piazza dove oggi si corre il Palio, in loro onore sarebbe sfilato in parata l?esercito di Carlo VIII, re di Francia, di Gerusalemme e delle Due Sicilie, il quale affascinato dalla bellezza delle dame, volle unirsi ad esse assieme al cugino Luigi duca D?Orleans, nipote di Valentina Visconti e destinato a succedergli sul trono di Francia. Il gruppo di sfilanti del rione San Paolo rappresenta il percorso verso la piazza cittadina, per assistere all?imponente parata militare, della duchessa Beatrice e del suo grazioso seguito, in compagnia del re Carlo, del duca Luigi, di Ercole I, padre di Beatrice, del di lei consorte Ludovico il Moro, del governatore di Asti Ettore di Monteynard, di Ambrogio di Rosate, medico personale di re Carlo e del poeta astese Giovan Giorgio Alione, l?appassionato cantore dei fasti francesi di quell?epoca.
4 ? SAN DAMIANO
Colori: rosso e blu
Rettore: Davide Migliasso
L?ARTE DEGLI SPEZIALI ASTESI
Nel Medioevo la scienza medica era legata alla superstizione, alla magia e alle pratiche religiose: i medici dell?epoca si basavano sulla conoscenza della filosofia e dell?astrologia e si affidavano essenzialmente alle virtù curative di erbe, piante e di molti elementi naturali, senza trascurare pianeti e fasi lunari. La scienza farmaceutica, derivata dalle conoscenze arabe ed ebraiche, veniva coltivata soprattutto dai monaci che usavano erbe, radici ed essenze coltivate negli horti. La farmacopea medievale era ricca di erbari e di antidotari, distinti in verdi o rossi a seconda se erano connessi alle piante o agli animali; venivano utilizzati in minime proporzioni anche veleni potenzialmente mortali come il giusquiamo e l?elleboro. Le erbe vendute nelle spezierie erano raccolte da donne che venivano denominate radicciaie o erbolaie, che per tale attività venivano regolarmente pagate alla consegna della merce; oltre alle spezie e alle sostanze medicinali venivano venduti anche profumi, confetti, candele ed ex-voto in cera. I farmaci sotto forma di polveri, infusi, sciroppi, unguenti e pillole venivano riposti in albarelli, brocche, versatoi, idrie, bocce, fiasche e pilloliere, appositi recipienti custoditi negli armari pigmentariorum o armari apothecariorum all?interno delle spezierie. I malati più facoltosi potevano usare anche prodotti a base di pietre preziose: smeraldi, rubini, malachiti, lapislazzuli, diaspri, ametiste e coralli, ridotti in polvere nei mortai dagli speziali, davano origine a composti molto costosi, considerati di particolare valore terapeutico, somministrati sotto forma di elisir, impiastri e pozioni miracolose. Con queste stesse gemme si potevano realizzare gioielli-talismano da portare indosso con la funzione di prevenire le malattie. Ma il farmaco per eccellenza, capace di risolvere ogni tipo di male, dalle coliche addominali alle febbri maligne, dall?emicrania all?insonnia, dall?angina ai morsi delle vipere e dei cani, era la teriaca, così chiamata dal vocabolo greco therion, cioè vipera, le cui carni opportunamente trattate confluivano insieme a molti altri elementi nel preparato. E proprio una vipera, secondo la testimonianza dello speziale Guglielmo Ventura, era nel XIV secolo il simbolo del collegio degli speziali astigiani. Le effigie dei santi patroni Cosma e Damiano, protettori dei medici e degli speziali, aprono la sfilata del corteo rosso blu, che rappresenta gli strumenti e i preparati delle spezierie medievali situate nel XV secolo lungo la contrada maestra del paese, antica sede delle botteghe artigiane e del commercio locale.
5 ? MONCALVO
Colori: bianco e rosso
Rettore: Diego Musumeci
TEATRO E TEATRANTI
Nel Monferrato, come in ogni regione, ma in particolare nelle terre che si trovavano lungo le grandi vie dei pellegrini, il teatro rappresentava un momento di festa e svago. In tutto il territorio del Marchesato non esistevano particolari divieti volti a limitare il lavoro dei commedianti, anzi molto spesso questi erano direttamente ingaggiati dai nobili signori locali o da ricchi anfitrioni. Questi artisti viaggiavano di paese in paese portando con loro tutto il necessario per mettere in scena le rappresentazioni. Già al loro arrivo erano accolti dalla gente con calore ed entusiasmo. Adulti e bambini, anche di diverso ordine e ceto, accompagnavano con grande partecipazione l?ingresso in città della compagnia, che spesso dava luogo a una sorta di anticipazione dello spettacolo, come in alcune occasioni si usa fare ancora oggi. La folla restava incantata nel vedere i costumi e le grandi maschere, elementi indispensabili per catturare l?attenzione del pubblico e successivamente caratterizzare il personaggio da interpretare. Questa platea di spettatori occasionali era attratta anche dagli attrezzi e dai ?trucchi?, primordiali effetti speciali che da lì a poco sarebbero stati utilizzati per allestire le diverse scenografie. Il primo incontro tra i commedianti e il loro pubblico si svolgeva in una cornice coloratissima, surreale, allegorica, non di rado confusa, tesa a stupire la folla che diventava parte integrante dell?evento. Non tutti, però, accettavano di buon grado artisti di tal genere. I rappresentanti del clero, ad esempio, condannavano queste forme di espressione che si allontanavano dai precetti della chiesa. E questo nonostante gli spettacoli fossero quasi tutti a sfondo religioso, ma di una religiosità poco solenne, con molti momenti buffoneschi. Conflitti fra bene e male, personificazioni di vizi e virtù, angeli e demoni sono i temi più ricorrenti. Moncalvo, che aveva già ospitato il grande poeta trovatore Rambaldo de Vaqueiras, non si differenziava da quanto succedeva nel resto del mondo conosciuto: non mancavano, infatti, attori teatranti che attraversavano piazze e strade del contado coinvolgendo tutti gli spettatori nelle loro farse, nei loro balletti e in grandi risate.
6 ? BALDICHIERI
Colori: argento, azzurro e oro
Rettore: Massimo Bonino
RIAPPACIFICAZIONE OPERATA DA CATERINA DI VIENNE
Dopo la dedizione del libero Comune di Asti a Roberto d?Angiò (1312) Filippo d?Acaja non desistette dai tentativi di insignorirsi della città. Per resistergli il 21 giugno 1333 negli orti dei Frati Minori venne stipulata una lega tra il siniscalco angioino della città, Pietro Bocono, Teodoro I di Monferrato e Federico e Tommaso di Saluzzo. Avuta notizia del trattato, Filippo devastò il territorio di Villanova, poi, ritiratosi a Torino, riuscì a reprimere una congiura che mirava a sottrargli la città. Mentre gli avversari, delusi nelle loro speranze dopo il fallimento della congiura, allentavano il vigore delle azioni militari, Filippo si ammalò e morì il 25 settembre 1334, dopo aver designato a suo successore il figlio Giacomo, sotto la tutela della madre, Caterina di Vienne. Costei da subito si adoperò per riportare la pace nelle terre che erano alle sue dipendenze e con tenacia raggiunse un accordo con Federico di Saluzzo. Dopo che il figlio, Principe Giacomo, ebbe respinto un attacco delle truppe angioine ed astigiane contro Sommariva Bosco, fu possibile giungere ad un accordo anche con il Re Roberto d?Angiò ed il Comune di Asti. Il comune di Baldichieri intende rievocare il ritorno dallo scontro del Principe Giacomo con le truppe vittoriose e i successivi patti che la madre Caterina di Vienne riuscì a stipulare con il Comune di Asti.
7 ? SAN MARTINO SAN ROCCO
Colori: bianco e verde
Rettore: Franca Sattanino
LA LAVORAZIONE DELLA LANA NEL RIONE DI SAN MARTINO
Nei secoli del Medioevo le famiglie, soprattutto quelle più povere, producevano in casa le proprie vesti, ricorrendo in particolare alla lavorazione della lana, che impegnava le donne in un lungo lavoro di filatura con rocca e fuso. A partire dal secolo XI si cominciarono ad impiegare macchine azionate dalla forza idraulica che trasformarono l?attività in una vera e propria produzione artigianale. Ad Asti non è documentata la lavorazione di panni di pregio, ma piuttosto la realizzazione di tessuti di genere grossolano, con colorazioni che vanno dall?avorio al grigio. In questa attività si distinsero in particolare le comunità religiose degli Umiliati e delle Umiliate, che ad Asti risiedevano presso la chiesa di San Quirico e presso la Domus Dei, o Cadè ed erano riconoscibili proprio per i loro abiti di color bigio. La lavorazione della lana iniziava con la tosatura delle pecore, nei mesi di aprile - maggio. Questa operazione, secondo quanto attestato nel Codice Catenato, doveva svolgersi unicamente nel chiostro di San Martino, compreso tra la Chiesa di San Martino e il pozzo omonimo. La lana appena tosata veniva lavata, cardata e a volte sottoposta a tintura. Si procedeva quindi alla filatura e alla confezione del panno grazie a telai azionati per lo più da uomini. Infine una parte della produzione veniva messa in vendita e acquistata dalla nobiltà locale per la realizzazione degli abiti comuni. Il corteo presenta alcuni personaggi del popolo che conducono gli animali nel luogo adibito alla tosatura, sotto l?occhio vigile del podestà e dei funzionari incaricati di verificare il rispetto delle norme. Sfilano i cardatori e le popolane con i loro arnesi da lavoro, mentre le dame della nobiltà locale si affrettano a scegliere i tessuti migliori, messi in vendita da alcuni mercanti.
8 ? TORRETTA
Colori: bianco, rosso e blu
Rettore: Giovanni Spandonaro
LA GUERRA PER FINTA. I CRUENTI GIOCHI DI AFFRONTAMENTO NELLA CITTA? MEDIEVALE
Già agli albori dell?epoca comunale, la necessità di trasformare borghesi e popolani in soldati da impiegare nelle fanterie degli eserciti cittadini portò a forme collettive di addestramento militare. Ragioni di tipo economico, logistico e sociale impedivano che queste si attuassero nella forma di esercitazioni regolari, facendo in modo che assumessero il carattere di competizioni ludiche. Per sviluppare ed esaltare l?attitudine al movimento coordinato ed allo ?spirito di corpo?, tali competizioni si svolgevano fra squadre allestite dai quartieri urbani, diventando in breve tempo anche l?occasione per scaricare le tensioni interne e le rivalità rionali facendole esplodere ed autoconsumarsi in forme rigorosamente controllate. La ?guerra per finta?, col nome di ?battagliola?, ?pugna?, o ?gioco della battaglia?, divenne così una costante nel panorama folklorico delle città medievali italiane. Combattuta in forme svariate e spesso sovrapponibili, dallo scontro con armi di legno alla sassaiola fino alle semplici scazzottate, era però sempre violenta e cruenta, comportando spesso ferimenti e uccisioni, e non di rado la degenerazione in rappresaglie e vendette. Non a caso, dopo la dissoluzione degli eserciti cittadini, molti Comuni tentarono di proibirla. Dal 1470 Asti tenterà, senza molto successo, di vietare la pugna in quanto? ?occasione di molti mali, di morte d? uomini, di ferite, di infermità e di odii?. Il corteo del Borgo Torretta rappresenta uno spaccato di tale realtà. Piccoli eserciti di quartiere composti da adulti e da ragazzi si affrontano in battaglie simulate per la conquista di una strada o di una piazza. Combattono con armi di legno, a colpi di sassi o a mani nude. Anche le donne partecipano attivamente, trasportando e reperendo i proiettili, approntando le finte armi e soprattutto accorrendo per soccorrere i feriti e tentare di frenare gli eccessi.
9 ? SAN SECONDO
Colori: bianco e rosso
Rettore: Marco Zappa
IL RITO DELL?INVESTITURA DEL FEUDATARIO
La cessione di potere giurisdizionale su uomini e territori da un signore a un proprio sottoposto in cambio di un giuramento di fedeltà rappresenta il nucleo di quel legame vassallatico-beneficiario che è alla base del feudalesimo, il sistema economico e sociale tipico dell'Europa medievale. Il beneficio feudale veniva concesso durante una cerimonia, detta investitura, che comportava un preciso rituale. Essa poteva essere costituita da alcuni gesti semplici ma significativi: le mani del vassallo dovevano essere racchiuse nelle mani del signore, ci doveva essere il bacio sulla bocca tra i due e doveva venire recitata una breve formula con la quale il suddito si riconosceva "uomo" del suo signore (da qui deriva la parola omaggio). Ma anche semplici negozi giuridici che prevedevano passaggi di proprietà e beni venivano perfezionati da precisi rituali simbolici. Il Codex Astensis conserva numerosi documenti che attestano rituali lontani dalla nostra sensibilità, ma in realtà estremamente significativi per l?uomo del medioevo: così nel 1198, il vescovo Bonifacio consegnò il castello e villaggio di Rupe (Rocca d?Arazzo) al podestà Fontana dandogli un sasso e una zolla; nel 1217 Enrico Semplice diede a Bernardo dei Solari il possesso di Montestono (presso Moasca) per mezzo di una pietra tolta allo zoccolo della torre. Nel 1221 il vescovo Giacomo investì il Comune di Asti di tutti i diritti che la Chiesa aveva in Azzano con un pezzo di legno tolto da una siepe. Poco dopo lo stesso vescovo cedette Masio al podestà Guido di Landriano consegnandogli una tegola. Ancora nel settembre 1274 i patti di fedeltà tra il comune d?Asti da una parte e i signori di Canelli e di Calamandrana dall?altra riguardo Loazzolo vennero suggellati ?con un pezzo di legno e con un bacio di bocca in bocca, quanto più solennemente si poteva?. Tuttavia non va dimenticato che queste azioni ritualizzate non sostituivano affatto la rigorosa compilazione di dettagliati documenti inotarili, sottoscritti dalle parti: quelli grazie ai quali siamo in grado di ricostruire anche queste singolari cerimonie.
10 ? SAN MARZANOTTO
Colori: blu e oro
Rettore: Antonio Binello
LA DONNA NELLA VITA CITTADINA DEL MEDIOEVO
Nel Medioevo, anche in Asti, l?attività femminile si estrinsecava soprattutto tra le mura domestiche con la filatura, la tessitura, il ricamo, il cucito, la cucina; ma le donne non mancavano di aiutare il marito o il padre nei campi, negli orti e nei lavori artigianali svolti nelle abitazioni o nelle botteghe. L?educazione delle ragazze dei ceti meno abbienti consisteva nell?apprendimento dei lavori domestici e del mestiere di famiglia, oltre che nel prepararsi ad essere una brava moglie. Negli ambienti borghesi le ragazze ricevevano un?educazione non molto dissimile, incentrata sulle attività domestiche che una buona moglie doveva conoscere per la conduzione della famiglia e della casa. Per le ragazze ricche e aristocratiche, destinate a una vita di relazioni ad alto livello, si rendeva indispensabile la conoscenza, oltre che delle buone maniere, delle consuete attività femminili utili a dirigere la servitù, della letteratura, della musica, della pittura, del canto e della danza. In Asti l?attività mercantile portava sovente gli uomini lontano da casa per periodi anche molto lunghi, così le donne dovevano curare gli interessi di famiglia: per questo in molti documenti si trovano donne investite di funzioni di tutrice e curatrice e quindi dotate di capacità giuridica. Rievocando il ruolo della donna nella vita del Medioevo s?intende presentarla nelle diverse attività a seconda dei ceti sociali di appartenenza.
11 ? SAN PIETRO
Colori: rosso e verde
Rettore: Paola Fogliati
EDUCAZIONE DI UN CAVALIERE DI SAN GIOVANNI DI GERUSALEMME
Costituitosi in Terra Santa dopo il successo della prima Crociata, l?Ordine dei Cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme o Cavalieri Gerosolimitani svolgeva compito di protezione armata e assistenza medica nei confronti dei pellegrini nel lungo viaggio verso il Santo Sepolcro. Posta lungo il percorso della Via Francigena, che portava i pellegrini dell?Europa nord-occidentale a Roma ed ai luoghi di imbarco verso la Terra Santa, Asti fin dal XII secolo rappresentava sotto questo profilo una tappa importante: lo dimostra la costruzione della Rotonda del Santo Sepolcro, patrocinata dal Vescovo Landolfo da Vergiate e presto affidata alle cure dell'Ordine dei Cavalieri di San Giovanni, presenti in Asti fin dai primi anni del secolo. Alla protezione armata dei pellegrini oltremare si affiancava in Occidente l'ospitalità in termini di ristoro ed assistenza medica, garantita attraverso la costruzione di ostelli e infermerie. L'organizzazione interna dell'Ordine in ?convento?, ovvero prima a Gerusalemme, poi a Rodi e infine a Malta, vedeva il Gran Maestro presiedere il Gran Consiglio, composto da 7 membri chiamati ?Pilier? o Sostegni, uno per ciascuna delle 7 ?Lingue? in cui a partire dagli inizi del XIV erano suddivisi i cavalieri a seconda dell'appartenenza linguistica. In occidente i vastissimi possedimenti territoriali dell?Ordine erano suddivisi localmente in ?priorati? affidati alla guida di un priore, che poteva ambire a questa carica solo dopo aver dato prova di valore militare in servizio attivo e che aveva il compito di gestirli nel modo migliore. Asti fu per secoli sede del Priorato di Lombardia, uno dei più importanti della ?Lingua? d?Italia, con giurisdizione su circa sessanta precettorie e ospedali presenti in Piemonte, Lombardia, Liguria ed Emilia. L?Ordine divenne ben presto un corpo d?élite, con severe e rigorose regole di ammissione: in particolare il candidato, oltre a devolvere all?Ordine le proprie sostanze, doveva certificare di essere nobile per 4/4, ovvero per parte di entrambi i genitori. Destinato alla carriera di cavaliere fin dalla più giovane età, riceveva una formazione militare e religiosa, ma gli venivano fornite anche precise competenze mediche. Compiuto questo percorso educativo, doveva infine giurare fedeltà all'Ordine e pronunciare i voti di povertà, castità ed obbedienza, che ne facevano un perfetto monaco-soldato. Il corteo storico del Borgo San Pietro rappresenta tre momenti della vita del futuro cavaliere di San Giovanni di Gerusalemme: il battesimo con la presentazione delle prove di nobiltà, l'educazione adolescenziale e infine la pronuncia dei voti solenni.
12 ? CATTEDRALE
Colori: bianco e azzurro
Rettore: Francesco Peraino
PELLETTA, SOLARO E MALABAILA: FAMIGLIE DI MERCANTI E BANCHIERI ASTIGIANI NEL NORD EUROPA
Durante tutta la prima metà del XIV secolo i mercanti e i banchieri astigiani, membri delle nobili famiglie della città e conosciuti col nome di Lombardi, videro crescere la loro sfera di influenza in tutto il nord Europa: in Francia, Germania, Inghilterra e Fiandre aprirono banchi di prestito, riscossero tributi per le grandi signorie europee e per il papa e estesero il commercio dei prodotti che importavano da Genova in queste terre lontane. Cotone, seta, stoffe preziose, sale e spezie erano le merci principali che venivano importate nelle città nordiche e lì vendute. Con il ricavato dalla loro vendita venivano acquistati prodotti locali e riempite le casse dei banchi che offrivano prestiti su pegno a nobili e sovrani europei. Grandi carri riattraversavano le Alpi alla volta di casa ripercorrendo verso sud la via Francigena carichi di denaro, pelli, panni fiandreschi, lana inglese nonché di oggetti artistici richiesti dai committenti astigiani. Tra le famiglie nobiliari tre si distinsero nelle attività commerciali e di pegno: i Pelletta, i Malabaila e i Solaro. I Pelletta si dedicarono soprattutto all?attività di prestatori, aprendo numerosissime casane dislocate dalla Francia alle Fiandre. Tra i vari membri della famiglia che esercitarono l?attività di prestito ebbero un ruolo importante Luigi e Ludovico Pelletta che, assieme ai Mirabello, concessero intorno al 1340 ingenti prestiti ad Edoardo III di Inghilterra. I Solaro, importante famiglia al centro delle guerre civili di primo ?300, furono sia attivi mercanti sia banchieri: esercitarono il commercio sin dalla prima metà del secolo XIII dalla Fiandra fino all?Irlanda importando spezie, allume, cuoio, tinture e stoffe pregiate.. Giacomo Malabaila, fratello del vescovo Baldracco e attivo mercante nel Brabante fin dagli anni ?30 del secolo, dal 1353 esercitò per conto della curia pontificia, allora sedente in Avignone, l?attività di tesoriere e gestore dei tributi ecclesiastici con filiali a Bruxelles, Londra e Bruges. I contatti con Londra permisero ai Malabaila di aprire un canale commerciale tra Brabante e Inghiterra per l?importazione di lana inglese nel continente. Il Rione Cattedrale vuole rievocare le figure di queste tre nobili famiglie recanti i simboli del loro potere, denaro e merci pregiate. Li segue un piccolo gruppo di carri e animali da soma, mezzi indispensabili a sostenere i lunghi viaggi per le attività commerciali.
13 ? MONTECHIARO
Colori: bianco e celeste
Rettore: Enrico Perotti
I BOSCHI DELLA CARNE VENDUTA
Fondato il 19 marzo dell' anno 1200 e popolato dagli abitanti dei preesistenti borghi di Mairano, Maresco e Pisenzana, Montechiaro conobbe per tutto il corso del XIII secolo una costante crescita demografica non priva di risvolti in campo economico. A questo proposito un caso singolare è quello che portò all' acquisizione da parte di Montechiaro di ben 225 giornate di bosco ceduo situate ad est di Cossombrato, i cosidetti 'Boschi della Carne Venduta' . Nel 1296 a Cossombrato una rivolta contadina cacciò i vassalli del luogo, cioè un ramo della casata dei Pelletta e il consortile dei signori De Cossombrato e per impedirne il ritorno venne stretto un patto di dedizione al Comune di Asti. Ma la città, allora in piena crisi interna per lotte tra fazioni, non seppe dare agli uomini di Cossombrato assicurazioni sufficienti. Così nel 1311 gli abitanti di Cossombrato in parte firmarono convenzioni con gli antichi signori, in parte intrapresero la fondazione di una villanova, conquistando una piena autonomia: la fondazione di Villa Nova Sancti Secundi, posta a poco più di mezzo miglio a nord di Cossombrato, avvenne tra il 1311 e il 1312. Ma sia a questo nuovo insediamento sia a quello d'origine difettavano gli abitanti, specie gli uomini validi alle armi, mentre il contiguo Montechiaro era in piena espansione demografica. Opportuna quindi si presentò l'occasione di un trasferimento di ben 18 famiglie da Montechiaro a Cossombrato: soluzione vantaggiosa che fu compensata con la consegna a Montechiaro del vasto appezzamento boschivo noto da allora come 'boschi della carne venduta'. Un appellativo a ben vedere ingiustificato, perché non si trattò di 'vendere' carne umana, ma di stipulare un regolare contratto tra uomini liberi, vantaggioso per ambo le parti. Il corteo storico di Montechiaro intende ricordare le 18 famiglie 'vendute' da Montechiaro a Cossombrato insieme al podestà di Montechiaro e ai Pelletta, signori di Cossombrato.
14 ? CANELLI
Colori: bianco e azzurro
Rettore: Gian Carlo Benedetti
L?ORO BIANCO DI CANELLI
Chiamato Anathelicon moschaton in Grecia, Uva apicia da Catone, Apiana da Plinio perché uva prediletta dalle api per profumo e sapore e Vitis apiana in Gallia, l?oro bianco di Canelli è il delizioso Moscato, la cui coltivazione nel territorio canellese è menzionata per la prima volta nel 1297 in una pergamena che sancisce la vendita di una vigna. Gli antichi Statuta del Comune di Canelli, riordinati nel 1344 e quindi efficaci già in precedenza, contengono numerose disposizioni, assai minute e rigorose, a tutela delle vigne, a riprova che la vite già all?epoca era la coltivazione principale della zona. Una di queste norme faceva esplicito obbligo al podestà di eleggere quattro guardie per ogni regione del territorio, le quali dovevano ?per totum annum custodire et accusare omnes qui offendent in ipsis locis et toto anno in vineis et in omnibus aliis damnis et rebus?. Nel corso della sua complessa storia il vitigno Moscato ha subìto notevoli ?incroci?, dando origine a varietà diverse: Moscato Bianco, giallo, rosa, nero, ma la tipologia Moscato Bianco è sicuramente quella di origini più antiche. Tanto importante e ricercato da essere persino imitato e contraffatto: nel Tesoro dei rustici, composto intorno al 1360, Paganino Bonafede insegna a trasformare un insulso vino in un gradevole moscato: è sufficiente a suo dire prendere una bracciata di fiori di sambuco seccati all?ombra e porla in due corbe di vino mosto e poi: «? lassalo stare, allora vignirà vin moscatello de odore e de sapore». Anche ad Asti il Moscato godeva di attenzioni particolari: così gli Statuta del 1379 proibivano la vendita dell?uva prima della festa di San Michele, tranne che per il Moscato. Canelli, in onore del prelibato nettare ripropone una gioiosa rievocazione del ciclo e delle feste collegate al proprio ?oro bianco? nel suo percorso dalle barbatelle, all?assaggio, al pagamento della reva o dazio, al brindisi di coppa.
15 ? SANTA MARIA NUOVA
Colori: rosa e azzurro
Rettore: Barbara Concone
REVISIONE E STESURA DEL CODICE CATENATO
Il 27 marzo 1379 la città di Asti fece solenne atto di dedizione al signore di Milano Gian Galeazzo Visconti. Il 29 marzo il Visconti riunì nuovamente il consiglio comunale affinché il Podestà Luterio de? Rusconi proponesse la riforma degli statuti locali. Tra le varie proposte, fu accolta quella di Gasparone Alione, uno dei quattro sindaci della città, nobile ?de populo? del borgo di Santa Maria Nuova: eleggere una speciale commissione di undici legislatori incaricati della stesura dei nuovi Statuti. Dopo circa due anni la commissione, composta da tre dottori in legge, tre nobili ?de hospicio?, tre nobili ?de populo? e due notai giunse alla revisione completa delle disposizioni fino ad allora in vigore. Il nuovo testo, inviato a Milano e modificato a propria volta dai consiglieri di Gian Galeazzo, fu approvato il 17 marzo 1381, con lettera che ordinava al podestà di Asti di dare inizio alla trascrizione. Le prime venti collazioni furono terminate dopo poco tempo e sicuramente la stesura della maggior parte del testo avvenne entro il 1386. Gli Statuti di Asti, che comprendono norme di diritto amministrativo, civile e penale, furono trascritti in un grosso volume membranaceo con legatura in legno e cuoio ornata di borchie in ottone, ancor oggi conservato presso l?Archivio Storico di Asti. La parte anteriore della legatura presentava una catena in ferro, per mezzo della quale il Codice era fissato ad un leggio, così che ne fosse possibile la consultazione senza che potesse essere asportato. Per questa caratteristica il libro è conosciuto come Codice Catenato. Il borgo intende rappresentare quest?importante momento per la città di Asti: sono rappresentati il duca Gian Galeazzo con i propri consiglieri, il podestà ed i quattro sindaci della città, oltre agli undici legislatori ed ai nobili ?de hospicio? e ?de populo?.
16 ? VIATOSTO
Colori: bianco e azzurro
Rettore: Roberto Boero
LA PESTE NERA E LA LEGGENDA DI VIATOSTO
?Nel detto anno, del mese d? agosto, aparve in cielo la stella commeta ? la quale significa pure male e morte di re e di potenti; e questo dimostrò assai tosto? e ingenerò grande mortalità?. Il passaggio di una cometa ricordato nella Chronica di Giovanni Villani e interpretato dall?uomo medioevale come un cattivo presagio, segnò effettivamente l?inizio in Italia della terribile epidemia nota con il nome di ?peste nera?. Seguendo il cammino delle carovane dall?Asia centrale, area di origine della pandemia nei primi anni ?30 del XIV secolo, il morbo giunse in Crimea e a Costantinopoli. Da lì a bordo delle navi il contagio prese la via dell?Europa: Creta, Genova e la Francia meridionale furono le prime regioni ad essere colpite. La malattia si trasmetteva per lo più attraverso la puntura di pulci presenti soprattutto nel pellame dei roditori e in tre casi su quattro risultava mortale. Nel 1348 il morbo giunse ad Asti. Non siamo in grado di stimare con quali conseguenze per la popolazione, ma è significativo che negli anni immediatamente successivi abbiano avuto inizio i lavori che portarono all?ampliamento e all?abbellimento della suggestiva chiesa di Viatosto: l?adempimento, secondo la leggenda, di un voto della popolazione locale alla Madonna, se avesse fermato l?imperversare della terribile malattia. ? ?E il morbo scomparve tosto, non appena fu fatto il voto?? Così c?è chi sostiene che il toponimo ?Viatosto? alluda alla miracolosa scomparsa della peste dalla città a seguito del voto. Il corteo del Borgo intende rievocare il terribile momento della peste e il senso di paura e di abbandono che si impadronì della popolazione; la devozione popolare e il voto alla Madonna; la leggendaria e miracolosa scomparsa della peste, e infine la rinascita del Borgo, testimoniata anche dalla globale ristrutturazione della chiesa di Viatosto tra gli anni ?40 e ?50 del XIV secolo. Intorno alla metà del XIV secolo infatti, al termine del passaggio della ?peste nera? si assistette alla graduale ripresa della vita sociale ed economica dell?Europa. Dovunque si cercavano uomini, si offrivano alti salari per riorganizzare le colture e far ripartire le attività produttive. Per questo motivo in seguito la peste è stata in seguito definita come ?l?ora degli uomini nuovi?.
17 ? SAN SILVESTRO
Colori: oro e argento
Rettore: Maria Teresa Perosino
VALENTINA DAMA ALLA CORTE D?AMORE
Presso l?alta aristocrazia francese del XV secolo tornarono in vigore le Corti d?Amore, fiorite nel XII secolo intorno a Eleonora d?Aquitania come tribunali galanti regolati dal Codice d?Amore. Si ha notizia che nel 1401, mentre la peste infuriava a Parigi, i duchi di Borgogna e di Borbone per svagarsi e distogliere il pensiero dall?infuriare del morbo chiesero a re Carlo VI l?autorizzazione a nominare un ?principe d?amore?. Venne quindi allestita una Cour amoureuse che rispecchiava l?organizzazione della corte regia: vi erano dignitari con nomi e funzioni bizzarre, ministri, scudieri d?amore, tesorieri di documenti e registri amorosi, segretari di carteggi poetici, custodi dei giardini e delle vergini. Scopo della corte d?amore era onorare le dame e coltivare la poesia: i cavalieri leggevano alle dame ballate, canzoni e poesie, che le nobildonne avrebbero giudicato, assegnando premi alle composizioni migliori. Ma era soprattutto un?importante occasione mondana, alla quale prese parte nel 1401 anche il poeta Eustache Deschamps, misogino autore del Miroir de mariage. La moda della corte d?amore si diffuse ben presto dalla capitale alle province, specie quelle settentrionali. Per questo motivo e in considerazione del ruolo importante che nella cour parigina del 1401 ebbe Lodovico duca d?Orléans è lecito ipotizzare che anche Valentina Visconti, domina di Asti, sua sposa abbia preso parte a una delle corti d?amore, che ben presto divennero una ricorrenza annuale proprio nel suo giorno onomastico: ?ogni anno il 14 febbraio dopo la messa e il banchetto si terrà dunque una gioiosa ricreazione e amorosa conversazione ? come recita l?antico atto costitutivo del sodalizio preposto alla organizzazione della festa. Il Rione oro-argento ripropone il Tema ?Corte d?Amore? con quadri viventi in cui dominano la rosa, icona dell?amore, il richiamo della natura con le ?infiorate? e le ?uccellate?, pergamene poetiche e ?tibi dabo litterati?, frasi a tema dipinte o ricamate su tessuto secondo l?iconografia e le testimonianze documentarie dell?epoca.
18 ?CASTELL?ALFERO
Colori: azzurro, bianco e oro
Rettore: Sergio Ravizza
NOMINA DI FRA? VERCELLO DA CASTELL?ALFERO A PROCURATORE DI FRA? FLORIO DE REVEZOLIS D?ASTI
Il 10 febbraio 1331 Fra? Vercello, cavaliere di San Giovanni, fu nominato procuratore di Fra? Florio de Revezolis d?Asti, priore di Lombardia dell?Ordine Gerosolimitano, in quest?epoca retto nell?isola di Rodi dal magistero del Gran Maestro Fra? Hélion de Villeneuve. L?Ordine dei Gerosolimitani (attuale Sovrano Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Gerusalemme, di Rodi e di Malta) è stato il più prestigioso fra gli antichi ordini religiosi e cavallereschi cattolici ed è l?unico ancora oggi esistente. Nato come Ordine Ospitaliero di San Giovanni in Gerusalemme e riconosciuto da papa Pasquale II nel 1113, riorganizzato in ?Lingue? nel 1319 secondo i vari paesi di provenienza dei membri, l?Ordine era composto di cavalieri che erano religiosi a tutti gli effetti, legati ai tradizionali voti monastici di castità, povertà ed obbedienza. Ebbe in Asti una delle prime sedi in Europa, come dimostra il fatto che la città è citata nella sopra ricordata bolla del 1113: la chiesa di San Pietro in Consavia fu per secoli la sede del potente Priorato di Lombardia, uno dei sette componenti la Lingua d?Italia, con giurisdizione su circa sessanta precettorie e ospedali presenti in Piemonte, Lombardia, Liguria ed Emilia. Con bolla Ad providam di papa Clemente V del 2 maggio 1312, le sostanze del disciolto Ordine dei Templari passarono a quello degli Ospitalieri di San Giovanni che dovette riorganizzare la gestione di un patrimonio immenso per quantità e qualità dei beni. E proprio ai Templari erano appartenute le case di Rovagnasco, nei pressi di Segrate, e di Milano, di cui nel 1331 era precettore Fra? Vercello. Con questo tema il Comitato Palio di Castell?Alfero vuole rappresentare la nomina di Fra? Vercello, ritenuto di nobile famiglia di Castell?Alfero, all?incarico di procuratore del priore di Lombardia Fra? Florio de Revezolis, che aveva evidentemente tanta fiducia nel suo concittadino da farne il proprio rappresentante e incaricato.
19 ?TANARO TRINCERE TORRAZZO
Colori: bianco e azzurro
Rettore: Maurizio Rasero
LA STUPHAE E I PIACERI DEL BAGNO NELLA CITTA? MEDIOEVALE
Molto spesso si pensa al Medioevo come ad un periodo caratterizzzato da una scarsa cura della persona. In realtà i nostri antenati avevano fatto dell?igiene personale anche una piacevole occasione di vita sociale. Poiché il bagno privato era un lusso costoso riservato a pochi privilegiati, le città medievali europee almeno a partire dal XIII secolo si erano dotate di bagni pubblici in grado di soddisfare le esigenze di tutta la popolazione. Chiamati stuphae secondo l?uso latino, rivestivano un ruolo simile a quello delle terme nel mondo romano e dagli hammam nei paesi islamici. Le stuphae erano quasi sempre di proprietà comunale ed erano costituite da spaziosi edifici nei cui locali si poteva usufruire di bagni caldi, freddi o di vapore, o reperire i servigi di barbieri e massaggiatrici. I bagni si prendevano entro grandi tinozze di legno fasciate di teli, nelle quali uomini e donne entravano in gioiosa promiscuità, rimanendo a volte per ore nell?acqua a chiacchierare, giocare a dadi o a scacchi, a consumare spuntini o interi pranzi portati dalle vicine osterie. La promiscuità generava naturalmente un?atmosfera rilassata e licenziosa. Una fonte del XIII secolo descrive così i bagni pubblici, consigliandoli perché ??saranno per voi molto piacevoli. Una graziosa ragazza vi massaggerà con la sua dolce mano, poi una donna graziosa vi accomoderà i capelli con abile pettine. Chi non le carpirebbe dei baci, se lui ne ha voglia e lei non rifiuta? Stanco del bagno, troverete un letto per riposare. Vi si chiede pure un compenso: un semplice denaro basterà?. Ad Asti la stupha è sicuramente documentata dalla seconda metà del Trecento: vi fanno riferimento alcuni documenti della chiesa di San Secondo, mentre una contrata stuphae è ricordata prima del 1393 nei Fondi Orleanesi. A partire dal Rinascimento i bagni pubblici cominciarono ad essere visti come luoghi equivoci di malaffare, di disordini e di immoralità, e ciò ne provocò l?estinzione.
20 ? NIZZA
Colori: giallo e rosso
Rettore: Pier Paolo Verri
?ALLA FORCA, ALLA FORCA?: LA GIUSTIZIA NEL MEDIOEVO
E? il Liber Catenae, che contiene le norme statutarie civili, amministrative e penali del Comune di Nizza Monferrato, a disegnare il quadro delle pene che potevano essere comminate dal Podestà e dai suoi delegati. In analogia con le disposizioni dei maggiori centri dell?area astigiana, l?ottica che ispira l?azione sanzionatoria di Nizza è quella per cui ?chi sbaglia paga?. Ogni logica rieducativa è sconosciuta e la pena ha solo due funzioni possibili: quella di risarcire la parte lesa per il danno subito e quella di scoraggiare, con estrema severità, dal commettere altri crimini. Infatti per quasi tutti i reati, anche i più gravi, la pena di partenza era economica, finalizzata a risarcire il danneggiato e rispondere alla sanzione del Comune. Ogni pena doveva essere rigorosamente saldata in moneta astese: ed è molto preciso il ?tariffario? per reati da gioco e da piccola rissa, tipicamente da osteria o da taverna, per il meretricio, che non poteva essere esercitato nelle taverne o in Città ma unicamente in postriboli pubblici nelle vie che corrono intorno allo spalto. Una sanzione particolare puniva l?oltraggio o la bestemmia contro Dio o la vergine Maria: il bestemmiatore sarebbe stato immerso per tre volte a testa in giù nell?acqua del Nizza. Chi si fosse sottratto alla pena pecuniaria, ovvero chi non avesse potuto pagare, sarebbe stato incarcerato e sottoposto a pene corporali alternative. Così dispongono gli Statuti a seconda dell?entità o gravità del reato: ?chi avrà commesso furto o ruberia sarà frustato per strada da una porta all?altra delle mura o sarà marchiato a fuoco sugli zigomi o in fronte, gli sarà tagliato il piede o la mano o cavato un occhio?; per giungere al massimo della pena, quella di essere ?sospeso alla forca così che muoia?. Se poteva accadere che il responsabile di delitti anche gravi potesse essere prontamente salvato dal denaro, due soli delitti non erano commutabili in ammenda: il ?tradimento di Nizza? e l?incendio volontario di case della Città. La pena per questi reati era l?impiccagione o la decapitazione.
21 ?SANTA CATERINA
Colori: rosso e celeste
Rettore: Alex Ferello
LO SVILUPPO CULTURALE E ARTISTICO ASTESE SOTTO IL PACIFICO GOVERNO DI MARIA DI CLÈVES, SIGNORA DI ASTI
Negli anni che vanno dal 1465 al 1482, la nobile città di Asti conobbe un periodo di tranquillità politica, di prosperità economica e di sviluppo culturale. Tutto ciò grazie a Maria di Clèves, che resse Asti per diciassette anni, intervenendo in importanti frangenti della vita cittadina in modo da guadagnare alla sua reggenza il giudizio di ?Buon Governo?. Maria, ottava figlia di Adolfo, primo duca di Clèves, e di Maria di Borgogna, nacque a Clèves il 19 settembre 1426 e venne data in moglie all?età di quattordici anni a Carlo d?Orléans, allora cinquantenne al terzo matrimonio. Alla morte del consorte (1464) Maria assunse la reggenza di tutti i suoi domini: il Ducato di Orléans, di Valois, la Contea di Blois, le signorie di Beaumont, di Pavia, di Coucy e di Asti. Sotto il pacifico governo di Maria di Clèves, sostenuta da illustri famiglie astesi come i Ricci ed i Malabaila, la città conobbe un incremento edilizio e una vera e propria fioritura artistica. Colta poetessa amante dell?arte, presso la corte di Blois, dove risiedeva, si attorniò di artisti, tra i quali il poeta astigiano Antonio Astesano e anche ad Asti favorì la cultura sotto ogni sua forma - dalla letteratura, alla poesia e alla pittura. Non mancarono così molteplici e fecondi scambi culturali tra Asti e la corte di Blois. Tra le mura astesi si avvertì la forte influenza della cultura francese e fiorirono numerosi i poeti, gli scrittori e gli artisti in genere. Il corteo intende testimoniare quella irripetibile stagione culturale, vissuta dalla città per circa un ventennio grazie a una donna attenta, capace e raffinata come Maria di Clèves ?dame d?Ast?.

Gruppo del Comune
Capitano del Palio : Mario Vespa
Magistrati : Claudio Gamba, Gianni Scoglia
Il Gruppo del Comune, composto dal Capitano e dal suo seguito a cavallo, apre il corteo storico. I costumi, realizzati su bozzetti dello sceno-grafo astigiano Eugenio Guglielminetti, richiamano i colori della città ed esaltano le funzioni di magistrati e cavalieri che hanno il non facile compito di sovrintendere allo svolgimento della corsa. Il Capitano ed il suo gruppo, infatti, sono i garanti della corretta interpretazione del regolamento; in caso di gravi inottemperanze, possono comminare sanzioni che culminano nell?esclusione del concorrente dalla corsa. Il Carroccio, elemento comunale per eccellenza, chiude il corteo ed è scortato da una schiera di armigeri in rappresentanza dei ventuno partecipanti. Il Carroccio rappresenta gli antichi carri da guerra : tuttavia la sua origine è incerta anche se alcuni storici ne fanno risalire l?utilizzo ai saraceni e ad alcune tribù germaniche. Il termine deriva dal latino medievale ?Carrochium? e significa carro a funzione sia civile sia militare, utilizzato in tutta Italia all?epoca dei liberi comuni. Il Carroccio astese, trainato da tre coppie di candidi buoi, porta, come vuole la tradizione, le insegne della città - croce bianca in campo rosso - il gallo in ferro battuto, simbolo delle libertà comunali ed il Palio, ambito premio del vincitore della corsa. Gli altri premi - la borsa di monete d?argento, gli speroni, il gallo vivo, la coccarda e l?acciuga - precedono il Carroccio e sono portati da altrettanti messi.



 

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