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Un pò di storia dell'Agnolotto Gobbo Dott. Giancarlo Sattanino, www.agnolottogobbo.it Non molti studiosi si sono occupati della storia e della realtà odierna dell’agnolotto, trovare notizie non è quindi facile; siamo comunque in grado di offrire a chi è interessato una piccola storia dell’agnolotto. Il nome è diffuso in una non grande parte del Piemonte, di cui è difficile dare confini precisi. Proviamo a dire che verso la Liguria compare il raviolo, verso l’Emilia compare il tortellino e verso la Lombardia semplicemente l’agnolotto scompare, non fa parte della tradizione gastronomica lombarda, per cui quando nella gastronomia lombarda troviamo citato l’agnolotto o il raviolo, siamo molto probabilmente davanti all’ importazione di una buona ricetta con adozione del suo nome originale. Sicuramente non sbagliamo dicendo che il nome agnolotto è da tempo radicato nel torinese, nell’astigiano e nell’alessandrino fino a Ovada, Acqui Terme e Novi Ligure a sud, dove già compare il raviolo. Particolarmente interessante è scoprire le differenze tra agnolotto e raviolo perché tutto fa pensare ad una loro origine comune, e a una differenza determinata soprattutto dal ripieno poiché la forma è praticamente la stessa. Più ricco di erbe e cacio il raviolo, più ricco di carne e uovo l’agnolotto: questa è la differenza stabilita dal dizionario dell’Accademia della Crusca nel ‘700. A proposito del ripieno dell’agnolotto mi piace citare il sapiente Carlo Nasi che nel “Enchiridio del buongustaio in Piemonte” (1963) recita:”…i veri agnolotti piemontesi non comportano la versione cosiddetta di magro. Costituiscono un piatto festivo, natalizio, pasquale,dionisiaco, faustiano; ridurli a un piatto quaresimale sarebbe come se la Benemerita affidasse a un Maresciallo a piedi il comando di una stazione a cavallo.” Per una storia del raviolo ha molto lavorato Carletto Bergaglio, farmacista e gastronomo. Presentò i risultati delle sue ricerche nel corso del convegno nazionale “Sua maestà l’agnolotto” tenuto ad Alessandria il 7 Aprile 1990. Nel XII secolo il Marchesato di Gavi controlla la strada che porta in Liguria, a Genova. E’ l’ultima tappa prima dell’arrivo a Genova, molti mercanti si fermano per riposarsi in una delle tante locande. Una appartiene alla famiglia Raviolo che mette a punto questo pasto da offrire ai suoi avventori: un impasto pre-appenninico di erbe, uova e cacio chiuso nella sfoglia di pasta, che ben presto prende il nome di chi lo ha inventato: raviolo. Da Gavi i ravioli giungono a Genova, sede di grandi fiere e mercati,che attirano gente da ogni dove per cui poco per volta i ravioli emigrano, si trovano sempre più lontano dalla loro culla originaria. La famiglia Raviolo si arricchisce, compra anche il titolo nobiliare dei Gavi, che si erano estinti, emigra a Genova. Altri invece si spostano ad Alessandria e ad Asti, dove, sempre secondo Bergaglio, col tempo cambiano nome in Raviola. Il raviolo quindi giunge anche nelle nostre campagne, viene adottato e apprezzato, ma il nome, chissà perchè, cambia. C’è chi sostiene che la prima carne usata nel ripieno sia stata quella di agnello, da cui agnellotto e poi agnolotto; altri sostengono che la forma primitiva fosse tondeggiante come un anello, da cui anellotto, agnellotto,agnolotto. Chi può saperlo? Certo è che già la “La cuciniera piemontese” libro di cucina pubblicato a Vercelli nel 1771 cita gli agnellotti all’italiana, sia di magro che di grasso. Qualche decennio dopo anche il Vialardi, cuoco e pasticciere di casa Savoia, dimostra che pure lui li conosce bene perché li chiama agnellotti e ce ne offre un buon numero di ricette. Tra queste veramente seducente è la “zuppa d’agnelotti al forno” dove i nonni dei nostri agnolotti vengono chiusi in una specie di pasta brisè, asciugati al forno, cotti velocemente e serviti in buon brodo bollente. Il nostro Autore li definisce “buona zuppa signorile” e, credete, è vero: noi che abbiamo provato possiamo confermarlo. Quello che sembra certo è che l’agnolotto sia nato come piatto di riciclaggio di carni avanzate, ripresentate sotto forma di pasta macinata al mortaio con verdure e cacio per dare quantità e sapore, e poi racchiuse in fagottini di pasta per renderne comodo il servizio e il consumo. Col passare del tempo nelle famiglie piemontesi divennero il primo piatto insostituibile dei giorni di festa, sostituendo però gli avanzi con tagli di carne scelti e pregiati, e impiegando solo la verdura più adatta e il miglior formaggio da grattare, prima buon pecorino delle montagne liguri, poi l’italico parmigiano. Il vero agnolotto è solo quello fatto a mano. Fino al secondo dopoguerra anche le trattorie li offrivano soltanto così: per fare le centinaia di dozzine necessarie arruolavano le donne del paese o del quartiere che ne avevano la possibilità e la capacità, costava tempo e denaro, ma gli agnolotti che offrivano la Domenica ai loro clienti erano tutti “gobbi”. Poi il progresso, il benessere, la comparsa delle macchine per fare la pasta e la scomparsa delle donne contente di dedicare qualche pomeriggio alla settimana per fare agnolotti per i ristoranti ed eccoci arrivato a oggi. Anzi a ieri, quando gli agnolotti al ristorante erano fatti se non a mano, almeno da buoni pastai artigiani, ma soprattutto erano ancora quadrati e “gobbi”. La “ Corte dell’Agnolotto Gobbo “ nasce ad Asti il 27 ottobre 2006 Gli associati, detti “ Cortesi “, sono circa un centinaio ed altrettanti sono gli “ Amici “. La sede è in Asti in Via L. Borsarelli, 10 presso la Prof. S. Aluffi. L’associazione è indipendente, apolitica e non ha fini di lucro. Si propone, in generale, il recupero e la conservazione delle ricette tradizionali, a cominciare da quelle relative alla cucina piemontese e, in modo particolare, a quella Astigiana. Dal nome stesso dell’associazione si evince che, in primis, l’obiettivo che si è posta è il recupero e la promozione dell’Agnolotto Astigiano, quello che in passato veniva denominato “gobbo” per la sua particolare forma. Saltando volutamente la storia più antica, di cui comunque abbiamo ampia documentazione che Carletto Bergaglio, farmacista e gastronomo, presentò nel corso del convegno nazionale “Sua Maestà l’Agnolotto”, tenuto ad Alessandria il 7 aprile 1990, possiamo certamente affermare che, nella notte dei tempi, l’agnolotto era noto come piatto di riciclaggio di carni avanzate riproposte macinate e amalgamate a formaggi e verdure e racchiuse poi in fagottini di pasta in modo da renderne più comodo il servizio e il consumo. Con il passare del tempo, però, nelle famiglie piemontesi, gli agnolotti divennero il primo piatto caratteristico dei giorni di festa: si sostituirono allora gli avanzi con tagli di carne scelti e preparati appositamente, si impiegarono solo le verdure più adatte e il miglior Parmigiano. Il vero agnolotto “ Gobbo “ Astigiano è solo quello fatto a mano. Fino al secondo dopoguerra, anche le trattorie li proponevano così; per preparare le centinaia di dozzine necessarie, arruolavano le donne del paese o del quartiere che ne avevano la capacità e la possibilità; costava tempo e danaro, ma gli agnolotti che offrivano la domenica ai loro avventori, erano tutti Gobbi. Poi è arrivato il progresso, il benessere e le donne appagate nel cimentarsi in cucina e dedicare qualche ora alla settimana a confezionare agnolotti per i ristoranti… sono solo un ricordo! E siamo così arrivati a oggi. Anzi a ieri, quando gli agnolotti nella maggior parte dei ristoranti, erano preparati, se non a mano, almeno da buoni pastai artigiani, ma soprattutto ancora quadrati e gobbi. Oggi, invece, per effetto di una propaganda martellante da parte dei “Saloni della Gastronomia” se l’agnolotto non è col “ PLIN ”….è da buttare via! EBBENE NOI VOGLIAMO FORTEMENTE CHE LA STORIA DEL “ GOBBO ” NON FINISCA QUI: SIAMO PRONTI A TESTIMONIARE LA BONTA’ IMPAREGGIABILE DEL NOSTRO AGNOLOTTO ASTIGIANO E A FARNE SOPPRAVVIVERE LA MEMORIA. Abbiamo ricercato le vecchie ricette, le abbiamo provate personalmente ed alla fine ne abbiamo selezionata una che è diventata ufficiale, depositata presso il Comune di Asti e sulla sua base è stata richiesta ed ottenuta la De.CO. (Denominazione Comunale) Per ottenere questo ci siamo impegnati e continueremo a farlo attraverso innumerevoli iniziative finalizzate a promuovere sia a livello locale che all’esterno dei confini comunali il valore della nostra tradizione gastronomica, che pur essendo sicuramente riconosciuta, a volte dimentica il passato, attratta dall’innovazione e dalla voglia esasperata di “ cose nuove “ scordando quelle che sono e saranno sempre le nostre radici. Quella che segue è la ricetta ufficiale per la preparazione del " Gobbo " depositata al Comune di Asti per l'ottenimento della De. Co. Denominazione Comunale d'origine alla quale, coloro che vorranno fregiarsi del logo, dovranno scrupolosamente attenersi. Ricetta dell'Agnolotto Gobbo Ingredienti per circa 200 dozzine di agnolotti Per la sfoglia: |
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