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Bianca Lancia

Indirizzo: Agliano Terme

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Apparteneva alla nobile famiglia aleramica dei Lancia (o Lanza), così chiamati poiché un antenato di nome Manfredi fu lancifero dell’imperatore Federico il Barbarossa.

Era figlia di Bonifacio I d’Agliano, conte di Agliano, della famiglia dei conti di Loreto (territorio oggi Costigliole d’Asti), conte di Mineo, signore di Paternò e marchese di Buscavisse.
I cronisti medioevali narrano che Federico II di Svevia, nipote in linea retta di Federico I Barbarossa, di passaggio nell’astigiano, la conobbe nel 1226 ad Agliano (il Codex Astensis comprende due privilegi da lui concessi alla città di Asti nel 1219 e nel 1220 con altrettante miniature che ritraggono questi avvenimenti); fingendo davanti ai famigliari della ragazza di essere vedovo della seconda moglie Isabella di Brenne (morta in effetti nel 1228), la portò con sé nel regno di Sicilia e di Napoli, che aveva ereditato della madre Costanza D’Altavilla. Secondo alcuni storiografi Bianca fu l’unico vero amore di Federico, anche se per altri anche questa è una leggenda e probabilmente invece della relazione d’amore tanto decantata, l’unione fu un vero e proprio matrimonio di interessi politico-economici. Alla morte dell’imperatrice Isabella d’Inghilterra nel 1241, Bianca fu investita del feudo dell’ex fortilizio bizantino di Monte Sant’Angelo, l’Honor Montis S.Angeli, comprensivo delle città di Vieste e Siponto e in dotazione a tutte le regine di Sicilia per volontà di re Guglielmo II di Sicilia. In questo edificio una leggenda la vuole prigioniera della gelosia dell’imperatore. La Chronica di Salimbene de Adam accenna ad un matrimonio segreto con Federico II ed il cronista Matteo da Parigi riferisce che, attorno al 1246, simulandosi gravemente malata, Bianca supplicò il sovrano di sposarla in articulo mortis, per la salvezza dell’anima e per il futuro dei figli. A questa unione Federico, avrebbe acconsentito e per questo fu anche descritta come «moglie di Federico II in articulo mortis». Di sicuro Bianca visse fra le mura del castello dei Lancia a Brolo e molto probabilmente sia nel Castello di Paternò che nel castello di Gioia del Colle.

Alcune leggende aleggiano su questa tormentata storia d’amore:
– a Mazzarino, si narra che il fantasma di Federico incomba ancora sul Castello di Grassuliato dove l’imperatore svevo e Bianca furono amanti
– Padre Bonaventura da Lama e lo storico Pantaleo narrarono che Federico II fosse così geloso della donna da rinchiuderla durante la gravidanza di Manfredi, in una torre del castello di Gioia del Colle La donna, dopo il parto si sarebbe uccisa tagliandosi i seni e mandandoli insieme al neonato all’imperatore.
Dalla loro relazione nacquero: Costanza di Staufen (1230- 1307); Manfredi di Sicilia (o di Staufen) (1232 – 1266); Violante di Svevia (1233 – 1264) moglie di Riccardo Gaetani (o Caetani) conte di Caserta. Costanza nel 1244 fu dal padre data in sposa a Giovanni III Doukas Vatatre, imperatore di Nicea, capitale dell’impero latino d’oriente, mentre Manfredi sposò poi nel 1248 Beatrice, figlia di Amedeo IV di Savoia, vedova del marchese Manfredo III di Saluzzo, imparentato con i Busca-Lancia. Il contratto di matrimonio era stato stipulato dallo stesso imperatore nel 1247 a Vercelli con il padre della sposa. Federico assegnò al figlio le terre poste a ovest di Pavia fino alle Alpi ed ad Arles in Francia, nell’intento di creare un regno vassallo dell’impero sui due versanti delle Alpi Occidentali. Bianca morì verso il 1246 e Federico II del dicembre 1250. Egli lasciò erede in Germania e nel regno di Sicilia il figlio Corrado IV che, eletto imperatore, fu osteggiato dal rivale tedesco, come pure da Papa Innocenzo III e si trasferì in Italia prendendo possesso, con l’aiuto di Manfredi, del regno del sud, ma morì nel 1254 in circostanze misteriose e dopo alterne vicende nel 1258 subentrò nel regno di Sicilia e di Napoli Manfredi, il figlio di Bianca. Aveva solo 22 anni, era forte, coraggioso, esuberante e come il padre Federico II, fu poeta della celebre Scuola Siciliana che per prima compose versi in lingua volgare. Di lui scrisse un cronista: “et sciebat bene cànere et cantiones invenire” (e sapeva cantare bene e inventare canzoni), ma fu pure un buon re e un accorto politico; egli si avvalse della collaborazione fidata dei parenti piemontesi: Galvano figlio di Manfredi II Lancia, Federico e Giordano di Agliano che gli fu fedele fino alla morte.

Dante rievocando la figura di re Manfredi nel canto III del Purgatorio (vv.102/108), disse di lui : “Io mi volsi ver lui e guarda il fiso/ Biondo era e bello e di gentil aspetto“.

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